domenica 21 dicembre 2008

Intervista a Graciela Iturbide

©Salvatore Ligios, Graciela Iturbide


Dialogo con la fotografa messicana 
Graciela Iturbide



Graciela Iturbide è la vincitrice dell’Hasselblad award 2008. Il prestigioso premio le è stato conferito il 25 ottobre scorso aggiungendo così il suo nome al lunco elenco di fotografi internazionali che la Fondazione Hasselblad ha premiato dal 1980 ad oggi.
Nel dicembre 2007 la fotografa Messicana è stata gradita ospite di Su Palatu con cui ha collaborato per la realizzazione della mostra “Il Bagno di Frida” presentata al Castello Siviller di Villasor.
Per ricordare il lavoro condotto insieme e per festeggiare la recente premiazione, Graciela Iturbide ci ha rilasciato questa intervista dove racconta di sè, del Messico, della fotografia e del bisogno di mistero e ritualità che guida i suoi scatti


Ha dichiarato più volte che il suo maestro è stato Alvarez Bravo. Com’è avvenuto il vostro incontro? Qual è il più grande insegnamento, umano e artistico, che le ha lasciato?
Ho iniziato il mio percorso formativo all’Universidad Nacional Autonoma de Mexico, dove entrai per studiare cinema alla scuola di cinematografia. Lì conobbi Manuel Alvarez Bravo. Non solo potei frequentare il suo corso, ma lo seguii fino a che sono diventata la sua “achichincle”, che in Messico è il nome che si usa per indicare l’assistente. Ho imparato molto da Alvarez Bravo e non solo sulla fotografia ma soprattutto sulla cultura (letteratura, musica, arte popolare etc). È stato un maestro in tutti i sensi. Il mio rapporto con lui fu molto profondo; ho avuto l’opportunità di stargli vicino, frequentare la sua famiglia. Non è stato un professore, mai; è stato un maestro nel senso più completo della parola. Mi diceva sempre che per fare fotografie dovevo leggere le istruzioni della Kodak e che questo era sufficiente.

Quali altri maestri hanno avuto un’influenza importante nel suo percorso?
Ho avuto vari maestri a seconda del periodo. Christer Stromholm, che è uno dei miei fotografi preferiti, mi regalò due foto che adoro. A lui ho dedicato il mio libro edito dalla Fondazione Hasselblad in Svezia, suo paese d’origine. Mi sono sentita molto influenzata da Robert Frank, da Tina Modotti quando la incontrai e, naturalmente, da Alvarez Bravo, Cartier Bresson, Lartigue, Eugene Smith. Brassaï, che è uno dei fotografi decisivi nella mia vita, disse una frase che da molto tempo ispira il mio lavoro: “La vita non può essere catturata né dal realismo né dal naturalismo, ma solo dal sogno, dal simbolo o dall’immaginazione.” Nella vita tutto è legato dal dolore; l’immaginazione dotrebbe servire per dimenticare la realtà.

Un fotografo ha necessariamente un rapporto particolare con il concetto di tempo; concetto attraverso cui è possibile declinare le varie identità, come comunità e singoli individui.
Qual è il suo rapporto con il tempo, artisticamente e umanamente?
Maneul Alvarez Bravo mi rivelò un tempo poetico e messicano, com’era il suo. Mi diceva “Graciela, non c’è motivo di avere fretta, hay tiempo. Non ci si deve precipitare per esporre, ci si deve lavorare molto.” Per tutto il tempo che l’ho accompagnato mi ha dato l’opportunità di stargli vicino, di vedere come lavorava, di andare a comprare libri con lui, di ascoltare musica con lui, la musica di Bach. Mi ha aperto un mondo intero e, soprattutto, questo tempo così poetico e messicano mi ha segnato.

Provenire “dal sud del mondo” significa, per certi versi, esser cresciuti con un senso molto forte del mistero, della casualità e della magia del quotidiano, della vita.
Questi concetti influenzano la sua fotografia? Come?
Semplicemente vivo in Messico dove mi imbatto spesso nei simboli della mia cultura. Questo mi piace e, quando li incontro, cerco di catturarli con la mia macchina fotografica.

In un saggio intitolato "Todos Santos, Día de Muertos", Octavio Paz, parlando dei messicani, dice “Somos un pueblo ritual”. Pensandoci bene, anche la fotografia è un rituale: scartare la pellicola, introdurla nella macchina, accostarsi silenziosamente ai soggetti…sembrano passaggi di un danza sacra che un fotografo ripete 1000 volte nella vita ma sempre con la stessa cura e attenzione. Da donna, messicana e fotografa, qual è il suo rapporto con la ritualità?
Per me il rituale è ciò che salva l’uomo, l’umanità. È l’unica forma per dimenticare il quotidiano. Per esempio, in India, il rituale aiuta a piangere ma anche a donare dignità. Nei gaths di cremazione di Lucknow, sebbene ci fosse dolore, il rituale stava lì per aiutare la gente a togliere la vita con dignità. Non so se sono nel giusto, ma io la vedo così. Forse mi ha segnato l’educazione religiosa che ho ricevuto. Quando ero bambina, per allontanarmi dalla mia famiglia, andai in un convento di suore; era un ambiente di travestimenti che ritorna spesso nel mio lavoro: la morte, il travestimento, Giano con le sue due maschere… Non pretendo di mitizzare gli indigeni, come molta gente crede; quello che mi piace è il loro modo di mitizzare il quotidiano. Forse, in fin dei conti, la fotografia è per me un rituale. Partire con la macchina fotografica, osservare, prendere la parte più mitizzata dell’uomo, entrare nell’oscuro, rivelare, scegliere il simbolico… Non credo in niente, però prendo i rituali delle diverse religioni. In India, una volta entrai in un tempio dove la gente stava adorando un serpente d’argento. Non so cosa significasse quel rito, però mi colpì la grotta dove filtrava appena un filo di luce.

Da cosa nasce la sua fotografia? Qual è lo stimolo, la missione che la porta a guardare il mondo attraverso le lenti di una macchina fotografica? Qual’è il filo conduttore dei suoi lavori?
L’ossessione che abbiamo noi fotografi è quella di aggirarci per il mondo con il tema che portiamo dentro.

Esattamente un anno fa, nel dicembre del 2007, ha presentato a Villasor, in Sardegna, il suo lavoro “il bagno di Frida”. Può parlarci di questo lavoro? Com’è stato confrontarsi con un mito messicano come quello della Kalo? Da fotografa ma soprattutto da donna deve essere stato intenso, energeticamente prosciugante e esaltante allo stesso tempo….
Il bagno di Frida è stato aperto dopo 50 anni. Ho avuto la fortuna di essere invitata a fotografare gli oggetti di Frida, così ho cercato di interpretarli. Non sono una sua fan però la ammiro e per me fare questo lavoro, incontrare il suo dolore è stata un’esperienza incredibile.

Dicevamo della Sardegna. Lei ha avuto modo di soggiornarci per un breve periodo. Cosa le è rimasto di quella esperienza? Umanamente ma soprattutto artisticamente che idea le si disegnata nella mente? E fotograficamente, quale immagine le è rimasta?
La mia esperienza in Sardegna è stata fantastica. Ho conosciuto persone molto interessanti, ho avuto l’opportunità di studiare la civiltà nuragica, fare molte fotografie. Il mio sogno sarebbe quello di poter tornare per fotografare tutto quello che più mi ha colpito: la terra, la pietra, i cardi etc.
È un isola che veramente mi è entrata dentro e spero, con il tempo, di riuscire a fare un gran lavoro.

A questo punto della sua attività, con premi e importanti riconoscimenti ottenuti e con consensi internazionali, quali curiosità vorrebbe ancora soddisfare o quali idee vuole tentare di affermare attraverso la fotografia?
Semplicemente, come fotografa mi interessa fotografare ciò che incontro. Per me la macchina fotografica è un pretesto per conoscere il mondo.

Intervista raccolta da Sonia Borsato

sabato 13 dicembre 2008

DEMOLIZIONE Z

©Pablo Volta, Demolizione, 2008


DIETRO LE QUINTE



Il lavoro di Pablo Volta presente in questo catalogo è una breve sintesi di una campagna fotografica durata circa un anno. Un accumulo ossessivo di immagini riprese durante la fase di smantellamento degli impianti industriali dello zuccherificio di Villasor, diventato campo di battaglia, non solo ideale, per il fotografo che ha passato a setaccio le varie operazioni di demolizione della fabbrica “gloriosa”. (...)
Pablo Volta, saputo dell’imminente demolizione, non ci ha pensato troppo. Messo a tracolla lo zainetto degli obiettivi, armato di macchina fotografica digitale è partito dalla vicina San Sperate alla guerra degli scatti. Non senza aver prima fatto tappa alla corte della compagnia teatrale Fueddu e Gestu. (...) Come attore, lo stesso Pablo ha prestato il suo corpo e la sua esperienza fotografica in alcuni spettacoli messi in scena da Giampietro Orrù, regista della compagnia di Villasor.
La macchina digitale e l’esperienza teatrale diventano così per Volta l’occasione nuova per rimettere in discussione il proprio passato di fotografo famoso e ingabbiato in un ruolo che sembra non avere interesse a misurarsi con il presente. (...)
Ma la macchina digitale è una nuova pelle. Passato il primo stupore e compreso il nuovo approccio fotografico, la visione intriga e sorprende. Non tanto per lo scatto che documenta la caduta di una ragnatela di tubi o il sezionamento di una cisterna di ferro che sembra una balena squartata. Dopo un primo istintivo approccio di cosa è avvenuto il documento non interessa più. È l’emozione del raccontare, del far vedere che attrae l’occhio. L’intreccio della storia si perde nei tagli di luce, la ruggine delle lamiere contorte evoca richiami del passato. I macchinari al lavoro suggeriscono turbamento. Le immagini sembrano il risultato di una performance. Uno scambio continuo tra realtà e finzione, tra recitazione ed emozione. Documento e sentimento insieme. Quasi un ballo sabbatico.
L’analogico che viene soppiantato dal digitale è stata una bella sfida per il giovane Pablo. Migliaia di scatti grazie al sensore di silicio che sostituisce la pellicola, milioni di pixel che licenziano un modesto strato di granuli d’argento, il motore elettrico che asseconda lo sguardo predatore. Complimenti al neofita.
Questo lavoro è la testimonianza che il talento quando c’è non est abba e la voglia di confrontarsi con le nuove camere digitali non si misura con un dito, facendo un semplice click come suggeriva la pubblicità di tanto tempo fa, ma con l’occhio. Che nonostante le mirabilie del progresso tecnologico non può essere ancora sostituito da un robot, anche se di marca e alla moda.


Salvatore Ligios
curatore della mostra Demolizione Z

venerdì 12 dicembre 2008

DEMOLIZIONE Z

©Pablo Volta, Testa della pinza, 2008


Mostra fotografica di Pablo Volta
DEMOLIZIONE Z

al Castello Siviller di Villasor (CA)
dal 13 DICEMBRE 2008 all’ 11 GENNAIO 2009



Sabato 13 dicembre 2008 alle ore 18 si inaugura nelle sale del Castello Siviller di Villasor Demolizione Z, mostra fotografica di Pablo Volta organizzata dalla compagnia teatrale Fueddu e Gestu di Villasor in collaborazione con Su Palatu e il Comune di Villasor.

L’esposizione presenta quaranta immagini digitali a colori; quaranta scatti insoliti nel percorso di un fotografo che, come Pablo Volta, si è mosso nel mondo del fotoreportage restando fedele alla pellicola; quaranta fotografie che rivelano un percorso che fa sconfinare la fotografia in territori espressivi limitrofi.
Come evidenzia il curatore Salvatore Ligios nel testo del catalogo «le immagini sembrano il risultato di una performance. Uno scambio continuo tra realtà ed emozione. Documento e sentimento insieme».

L’inaugurazione sarà preceduta dagli interventi del sindaco di Villasor Walter Marongiu, dell’assessore alla cultura Concetta Sangermano, del regista teatrale Giampietro Orrù, del curatore Salvatore Ligios e del fotografo Pablo Volta.

Catalogo in mostra a cura della Soter editrice

L’esposizione è organizzata in collaborazione con il Comune di Villasor, la Regione Autonoma della Sardegna, la Provincia di Cagliari, la compagnia teatrale Fueddu e Gestu, Fratelli Baraldi spa, Su Palatu-spazio culturale per la fotografia.

giovedì 4 dicembre 2008

YANN GROSS

©Yann Gross, Wrestling dream, 2007

YANN GROSS


vincitore del premio Descubrimientos PHE

PHotoEspaña 2008


Yann Gross, uno dei 15 protagonisti della seconda edizione di MENOTRENTUNO, rassegna dedicata alla giovane fotografia europea, ha trionfato all'edizione 2008 del festival PHotoEspaña vincendo l'ambito premio Descubrimientos.


Yann Gross (Vevey, Svizzera, 1981) ha studiato arte e design e, successivamente, fotografia all'Università di Arte e Design a Losanna (Svizzera). Nel 2008 è diventato membro del collettivo di fotografia Piece of Cake (PoC). Yann ha raccontato storie di frontiera, indagando la vita di chi vive in "zone di passaggio" dove del sogno americano, rincorso attraverso le immagini televisive, arriva solo l'eco.


mercoledì 3 dicembre 2008

APPROSSIMAZIONI

©Tano Siracusa, Porto Angel
APPROSSIMAZIONI

mostra fotografica di
TOTO' BONGIORNO, FRANCO CARLISI, GIANDOMENICO MARINI, TANO SIRACUSA

Sabato 29 settembre inaugura nelle sale di Su Palatu Approssimazioni, mostra che si inserisce tra le collaborazioni strette dalla spazio sardo con alcune delle più interessanti realtà editoriali italiane dedicate alla fotografia.

Dopo Il Fotografo, che aveva proposto negli spazi di Su Palatu la mostra Estremi curata da Sandro Iovine, è ora il direttore del trimestrale siciliano Gente di fotografia, Franco Carlisi, a proporre una selezione di quattro fotografi.

Approssimazioni si presente dunque come molto più che un gemellaggio tra le due isole regine del Mediterraneo, un meeting dove la Sardegna-Su Palatu accoglie la Sicilia-Gente di fotografia: guardando le fotografie di Totò Bongiorno, Franco Carlisi, Giandomenico Marini e Tano Siracusa è possibile compiere un percorso attraverso il concetto stesso di "identità", un viaggio che dal sud della nostra nazione si estende al sud del mondo, geograficamente e concettualmente inteso.

L'inaugurazione sarà preceduta dagli interventi del sindaco di Villanova MOnteleone Sebastiano Monti, il direttore editoriale di Gente di fotografia Franco Carlisi e del direttore di Su Palatu Salvatore Ligios.
Saranno presenti i fotografi Totò Bongiorno, Giandomenico Marini e Tano Siracusa.

mercoledì 26 novembre 2008

Geografia-natura-cultura

©Leonard Sussman


26 novembre 2008

Geografia-natura-cultura. La realtà paesaggistica in rapporto alla sua rappresentazione nei campi della letteratura, della pittura, del cinema e della fotografia.

Lezione di Diego Mormorio

seminario internazionale di fotografia

Diego Mormorio (Italia), storico, critico e antropologo della fotografia, si occupa in particolar modo dei rapporti tra la fotografia e la cultura filosofica e letteraria. Da alcuni anni si interessa al tema della rappresentazione della bellezza e della natura, con particolare riguardo al paesaggio.
Tra i suoi libri Gli scrittori e la fotografia (Editori riuniti, 1988), Storia della fotografia (Newton Compton, 1996), Un'altra lontananza (Sellerio, 1997) Paesaggi italiani del '900 (Motta, 1999), Vestiti (Laterza, 1999), Meditazione e fotografia (Contrasto, 2008), La regina nuda (Il Saggiatore, 2006) e W Garibaldo. Tre racconti garibaldini (Punctum, 2007).


Sguardi d'autore


26 novembre 2008


Leonard Sussman
Lezione pubblica all'Accademia di Belle Arti di Sassari
In Italia appositamente per il seminario internazionale di fotografia organizzato da Su Palatu, il fotografo americano Leonard Sussman ha oggi intrattenuto gli studenti dell'Accademia di belle Arti di Sassari con una lezione-racconto coordinata dal professore Salvatore Ligios.

Alla scoperta del territorio


24 novembre 2008


Alla scoperta del territorio


Lezione di Leonard Sussman


Seminario internazionale di fotografia


Leonard Sussman (USA), fotografo e professore di Arte e Fotografia al Baruch College della città Universitaria di New York. Dal 1984 ha realizzato servizi fotografici in alcune regioni d’Italia, comprese la Toscana, l’Umbria, il Piemonte, la Liguria, l’Emilia-Romagna e dal 1991 la Sardegna. Altri progetti fotografici sono stati realizzati a Virginia City (Nevada), nella Penisola Olympia (Washington), a Wall Street (New York), e per un’edizione limitata di stampe originali, Subways: Ten Photographs and five Etchings of New York (New York, 1975). Ha partecipato a diverse personali alla Witkin Gallery di New York e a numerose altre mostre negli Stati Uniti e in Europa. Sue fotografie sono pubblicate in Paesaggio italiano del ‘900 (Milano, Federico Motta Editore, 1999), in The Witkin Gallery 25 (New York, Lumiere Press, 1994), in Torino Fotografia ’91 – Biennale Internazionale – Alle Americhe e ritorno (Milano, Federico Motta Editore, 1991) e numerosi altri volumi.
Foto: Leonard Sussman


sabato 22 novembre 2008

Paesaggio e ambiente



22 novembre 2008


Paesaggio e ambiente


Lezione di John Davies
seminario internazionale di fotografia


John Davies (Gran Bretagna) si colloca nell'ambito della fotografia documentaria contemporanea. Partito a metà anni Settanta con un’analisi della bellezza "selvaggia" e del respiro del paesaggio naturale delle isole britanniche (Mist Mountain Water Wind, 1985; Skylines, 1993), con l'inizio degli anni Ottanta avvia un’articolata documentazione del paesaggio urbano inglese, concentrandosi sui mutamenti provocati dal passaggio dall'epoca post-industriale (A Green & Pleasant Land, 1986). Dalla metà degli anni Ottanta allarga la sua attenzione al paesaggio di diversi paesi europei (Cross Currents, 1992). Fedele ad un raffinato bianco e nero, assunto come regola assoluta di un fine lavoro analitico, sceglie la vastità dello spazio abitato dai potenti elementi della natura e da quelli contraddittori della cultura per agire in due direzioni: da un lato, l'evocazione di stati emozionali attraverso la resa fotografica di uno spazio-luce vivo, quasi metafisico; dall'altro, uno sguardo cristallino che scandaglia gli aspetti materiali del paesaggio contemporaneo legati allo sviluppo delle attività produttive, del potere dell'economia e della proprietà.
Dal sito di John Davies www.johndavies.uk.com/- estratto dal testo di Roberta Valtorta
Foto: John Davies

giovedì 20 novembre 2008

il fuoco infinito


20 novembre 2008


Il Fuoco Infinito


lezione di Giovanni Chiaramonte

seminario internazionale di fotografia


Giovanni Chiaramonte (Varese,1948) fotografo e storico della fotografia.
Inizia nizia a fotografare alla fine degli anni Sessanta, orientando la propria ricerca nella tradizione teologica ed estetica di Hans Urs von Balthasar e della Chiesa d'Oriente (incontrata in Pavel Evdokimov, Olivier Clément, Andrej Tarkovskij). Nel 1973 conosce Ghirri e fonda con lui la casa editrice Punto e Virgola, della quale assume la direzione nel 1980, iniziando una ricerca sul paesaggio italiano che segnerà una svolta importante nella fotografia Italiana.
Organizza la rassegna e il volume Luogo e identità nella fotografia europea contemporanea. In Giardini e Paesaggi (1983), il paesaggio è inteso come una rivelazione oggettiva del genius loci. Con il progetto Via Emilia -coordinato da Luigi Ghirri- analizza le città poste tra Piacenza e Rimini. Nel 1996 inizia un lavoro sulla città di Milano, Cerchi della città di mezzo. Nel 2000, in occasione del restauro della facciata della Scala, realizza il volume d'artista In corso d'opera; escono poi Mondocittà/Worldcity, con Joel Meyerowitz, e Pellegrinaggi occidentali. Nel 2002 pubblica Frammenti dalla Rocca- Cefalù e l'anno seguente Dolce è la luce. Nel 2004 espone il suo percorso attraverso la forma e la figura dell'Europa in Abitare il mondo. EuropE. Alla Biennale di Venezia, per la sezione Episodes, presenta un portfolio di 14 immagini sulla capitale tedesca intitolato Berlin, Figure. In Attraverso la pianura, 2004, e Senza foce, 2005 porta avanti una ricerca sul paesaggio della pianura padana,. Del 2006 è il pellegrinaggio visivo Come un enigma_Venezia. Il 25 ottobre 2005 gli viene conferita la Laurea Honoris Causa in Architettura dall'Università degli Studi di Palermo, per la ventennale collaborazione sul tema della città e dell'abitare con le riviste e le istituzioni nazionali e internazionali. Nel 2006 gli viene assegnato il Primo Premio Friuli-Venezia Giulia per la Fotografia. Giovanni Chiaramente ha fondato e diretto collane di fotografia per Jaca Book, Federico Motta Editore, Società Editrice Internazionale ed Edizioni della Meridiana. Ha insegnato Drammaturgia dell'Immagine alla Facoltà Teologica di Sicilia e al Master di Comunicazione e Cultura Visuale di Palermo; Fotografia alla Facoltà di Architettura dell'Università di Palermo; e Storia della Fotografia all'Università degli Studi di Parma. È docente di Storia della Fotografia allo IULM di Milano.
Foto: Giovanni Chiaramonte, Berlino, nella nuova piazza, 2003

mercoledì 19 novembre 2008

Letture del mondo


19 novembre 2008

Letture del Mondo

Seminario internazionale sul paesaggio

Apertura lavori

Lezione di Salvatore Ligios

Salvatore Ligios (Villanova Monteleone), dal 2000 direttore di Su Palatu, in questi ultimi anni sta esplorando con particolare interesse il tema dell’identità legata alla propria terra, la Sardegna, con la presentazione di lavori esclusivamente in bianconero (Crastos. Sentieri di pietra, 1995; Làcanas. Gl’incerti confini, 1997; Il paesaggio invisibile, 1997; Visto si stampi, 1999; Cumproadu. Imprentade, 1999; Facce di sardi. Ritratti d’identità, 1999; Circolo Marras (con Antonio Marras e Flavio Soriga) 2002; Padri e figli, 2003; Mamuthones e Issohadores, 2005; 5 storie, 2005; Guardare il paesaggio contemporaneo (con P. Dessì e G. Matteucci), 2007; Villasor Factory, 2007). È docente di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Sassari.

Foto: Salvatore Ligios, statale

mercoledì 5 novembre 2008

PROGRAMMA SEMINARIO


SCUOLA INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA

SEMINARIO SUL PAESAGGIO

PROGRAMMA

Su Palatu, 19 - 28 novembre 2008


LETTURE DEL MONDO
Riflessioni su alcune tra le immagini più significative della fotografia di paesaggio, sui percorsi della fotografia contemporanea europea ed esercizi sul campo.

19 novembre, mercoledì
Salvatore Ligios, apertura seminario. La Sardegna e il paesaggio contemporaneo

20 novembre, giovedì
Giovanni Chiaramonte. Il fuoco infinito

21 novembre, venerdì
Giovanni Chiaramonte. Il fuoco infinito

22 novembre, sabato
John Davies. Paesaggio e ambiente

23 novembre, domenica
John Davies. Paesaggio e ambiente

24 novembre, lunedì
Leonard Sussman

25 novembre, martedì
Leonard Sussman

26 novembre, mercoledì
Diego Mormorio. Geografia-natura-cultura. La realtà paesaggistica in rapporto alla sua rappresentazione nei campi della letteratura, della pittura, del cinema e della fotografia.

27 novembre, giovedì
Diego Mormorio. Analisi di alcune specificità teoriche ed estetiche emerse nella storia della fotografia.

28 novembre, venerdì
Salvatore Ligios. Riflessioni finali. Chiusura seminario.

Foto: Mario Arca, Strada bianca, 2006


domenica 26 ottobre 2008

SCUOLA INTERNAZIONALE FOTOGRAFIA



SCUOLA INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA

SEMINARIO SUL PAESAGGIO


LETTURE DEL MONDO. Paesaggio contemporaneo della Sardegna



Riflessioni su alcune tra le immagini più significative della fotografia di paesaggio, sui percorsi della fotografia contemporanea europea ed esercizi sul campo.

Docenti: Giovanni Chiaramonte, fotografo; Guido Guidi, fotografo; John Davies fotografo; Diego Mormorio, storico della fotografia.
Direttore: Salvatore Ligios.

Luogo e data di svolgimento:
Su Palatu, Villanova Monteleone (SS)
19-28 novembre 2008


Partecipazione a invito, su presentazione domanda
La domanda di partecipazione deve pervenire entro il 5 novembre 2008.
Quota iscrizione, 100 euro
Costi di vitto e alloggio, a carico dell’organizzazione
Numero massimo iscritti 10-15.
Al termine del seminario verrà rilasciato l’attestato

Pernottamento
È prevista la sistemazione presso B&B di Villanova Monteleone
Pasti
L’organizzazione garantisce la prima colazione e un pasto giornaliero.
Eventuali spese ulteriori vanno risolte direttamente dal fotografo con la struttura ricettiva.

Come si arriva a Villanova Monteleone
Aereo: Aeroporto di Alghero, dista 30 km
Si può noleggiare un’auto oppure utilizzare i pullman di linea (controllare gli orari)
Nave: da Porto Torres, dista 50 km, un’ora di percorrenza
Da Olbia, dista 140 km, un’ora e mezzo di percorrenza



Info: Su Palatu tel. 079961005 / cell. 3346516049 / e-mail: info@supalatu.it / supalatu@gmail.com /
foto: Mario Arca, Fermata, 2006

venerdì 17 ottobre 2008

Io, la Fotografia



Io, la Fotografia

ovvero l'attimo quotidiano


Sabato 18 ottobre, in occasione dell’ultima inaugurazione della rassegna MENOTRENTUNO, la mostra delirio di normalità di Emanuele Cremaschi, sarà presentato il volume Io, la Fotografia ovvero l’attimo quotidiano, monologo teatrale scritto dallo storico della fotografia Diego Mormorio ed edito dalla Soter editrice.

Dopo importanti scritti sulla storia e e sulla critica della fotografia, Diego Mormorio si dedica, questa volta, ad un testo in cui è facile ritrovare l’eco della grande tradizione teatrale italiana; un intenso monologo in cui La Fotografia in persona ripercorre le tappe salienti della sua vita, commenta i grandi “fraintendimenti storici” sulla sua identità, risponde a quesiti nodali sul suo utilizzo.

Per l’occasione debutta, in prima nazionale, l’omonimo spettacolo della compagnia teatrale Fueddu e Gestu, realizzato in coproduzione con la Soter editrice, per la regia di Giampietro Orrù con l’interpretazione dell’attrice Maura Grussu.
foto: Luigi Ghirri, Infinito, 1974

lunedì 29 settembre 2008

ZIYAH GAFIC




ZIYAH GAFIC






Ziyah Gafic è nato a Sarajevo, Bosnia-Erzegovina. Laureato in letteratura mondiale all’Università di Sarajevo. Nel 2008 vince una Borsa di studio per un progetto sui Muslims di New York. Nel 2007 è finalista per il “Hasselblad Masters award”e vince il premio annuale “Photo District News” per il lavoro in Afghanistan. Ziyah collabora regolarmente con le maggiori testate internazionali come: Liberation, Le Monde 2, La Repubblica, Photo, Amica, Telegraph Magazine, Tank, L’Espresso, Newsweek, The Times Magazine, TIME, Conde Nast Traveler.Il suo lavoro è stato esposto nei maggiori festival di fotografia: Perpignan, Arles, Londra Tom Blau Gallery, Milano, Vienna, New York, Amsterdam, Ginevra, Zagabria. I suoi lavori fotografici sulla guerra in Bosnia sono stati pubblicati nel libro “Tales from globalizing world”, Thames & Hudson. Sue fotografie sono incluse nell’antologia sulla fotografia contemporanea “Photography as contemporary art” and “The Way People Live” di Gabriel Bauret, Thames & Hudson.



CONTATTI Ziyah Gafic mailto:zijogafic@ad.com




Foto: Ziyah Gafic

domenica 28 settembre 2008

ZIYAH GAFIC


ZIYAH GAFIC_nei campi di marte


27 settembre - 9 novembre 2008

Ma quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'edificio immenso del ricordo


Marcel Proust



Ziyah Gafic ha vissuto una forma di delirio particolare e violenta: giovanissimo ha dovuto confrontarsi con l'esperienza della guerra. A conflitto finito, però, ha deciso di non dimenticare e ha cercato un mezzo per opporsi al lento lavorio della memoria. Al macerarsi nella passiva resa al corso degli eventi, ha preferito l'azione della testimonianza; invece del fuoco delle armi ha scelto la messa a fuoco della macchina fotografica. Per cercare di vedere nitidamente attraverso la storia, inizia a fotografare gli esiti del conflitto che ha coinvolto la Bosnia: le sue immagini raccontano il ritorno dei profughi, l'identificazione delle vittime da parte delle famiglie, la disperazione per chi si è perso, la solitudine e il senso di colpa di chi è sopravvissuto. La guerra però non è un male localizzato ma un cancro che migra e Ziyah decide di migrare con lui interessandosi a tutti quei paesi che si trovano coinvolti in scontri simili a quello che ha sbriciolato il suo: visita la Palestina, l'Afghanistan e la Cecenia. In posti come questi l'esistenza sembra arrestarsi o, per lo meno, avanzare con incredibile lentezza, trascinando dietro se macerie e fardelli di odio. La speranza si scontra con la negazione. Ma il dolore non può rimanere inerme ed afflosciarsi al suolo, sterile ed inutile. Il dolore può e deve lievitare ed esplodere nelle coscienze; può e deve avere un significato. "Soffre chi può", recita un adagio popolare. Sono parole che ben si prestano all'occasione. E potremmo anche lievemente modificarle: non solo soffre ma anche "guarda" chi può, guarda chi lo sa fare, chi resiste al vero di ciò che vede. Quando la realtà ci sfugge, ci vuole qualcuno che guardi per noi. E ci vuole qualcosa attraverso cui guardare, qualcosa che congeli il dolore che ancora brucia troppo. Ci vuole un aiuto. Questo aiuto può arrivare dalla fotografia. Laddove tutti gli altri preferirebbero chiudere gli occhi e dimenticare, la fotografia è rivelazione. Fotografare è guardare la vita tentando di scorgere un significato, un insegnamento, un monito lontano dalla retorica. Perché troppi eventi continuano a ripetersi, ancora e ancora, affermando che la storia non riesce a divulgare il suo insegnamento. Fotografare è un esercizio di memoria, una corsa contro il tempo e l'oblio. Far scattare il click dell'otturatore significa mettersi al servizio della storia perché i fatti non vengano infossati, manipolati, edulcorati. La consapevolezza di questo ruolo, forte nonostante la giovane età, guida le precise scelte stilistiche di Ziyah, e il formato quadrato delle foto o la scelta del colore diventano emblemi di contemporaneità. Le sue immagini non devono dare l'illusione del passato, non devono anestetizzare le ferite dell'odio, non dare il sollievo dello "scampato pericolo". Il giovane fotoreporter sceglie deliberatamente tagli moderni e dinamici uniti a tonalità calde e brillanti per esaltare la forza del presente, della verità, della vita e costringere ad una presa di coscienza che non deve appartenere a poche sfortunate regioni ma deve essere dell'umanità, tutta.


Sonia Borsato


responsabile Sa Domo Manna


dal Catalogo Menotrentuno_II, edizione 2008, Soter editrice

Foto: Ziyah Gafic

sabato 27 settembre 2008

TOBIAS KRUSE


TOBIAS KRUSE


Tobias Kruse è nato nel 1979 a Warem. Attualmente vive a Berlino. Ha studiato Design e Fotografia a Berlino. Dal 2008 è tutor di Arno Fisher presso la Ostkreuzschule per la fotografia a Berlino. Lavora come fotografo freelance e Art Director. Kruse ha partecipato a diverse mostre, in particolare nel 2006 "Über den Fluss" presso la Künstlerhaus Bethanien a Berlino, e nel 2008 presso il Fotofestival di Hannover. Nel 2008 è stato Lead Award e ha vinto un Epson Art Photo Award. Ha vinto il New York Photo Award nella categoria "Student Editorial Series".


CONTATTI
Tobias Kruse t.kruse@ostkreuz.de

Foto: Tobias Kruse

venerdì 26 settembre 2008

TOBIAS KRUSE


La campana delle otto
mostra di TOBIAS KRUSE

27 settembre - 2 novembre


Il periodo dell'esame di maturità rappresenta da un lato un distacco, una spaccatura, e dall'altro il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta. Nella vita, mai più l'insicurezza ed il piacere di affrontare cose nuove saranno così contigui, i sogni ed i desideri vengono messi a confronto con i rapporti sociali e le utopie della realizzazione. La scuola, il primo ambiente in cui prende forma una vita sociale, perde il suo potere e non concede più la sua protezione. Nelle classi le persone si conoscono per anni, ma con il superamento dell'esame di maturità questa unione minaccia di dissolversi. Come trascorrere questo periodo? Come superarlo? Tra il 2006 e il 2007 Tobias Kruse ha accompagnato alla maturità le classi degli ultimi anni del ginnasio Carl von Ossietzky di Berlino Pankow. Teneva le proprie lezioni, andava a casa degli studenti, ha partecipato alla gita di fine anno ed alle feste - finché tutto è svanito. La separazione getta le sue ombre ancora prima di avvenire definitivamente: ritratti di singoli individui e di gruppi, amanti del divertimento serale ma affetti da una malinconia interna - silenziosi e chiusi in loro stessi guardano verso l'obiettivo, concentrano ed allo stesso tempo rivelano l'intensità dell'opera di Kruse. E se la scuola finisce, se si sperimenta una nuova vita, la tristezza si nasconde a fatica dietro al divertimento sfrenato: nella confusione dello schiuma party gli sguardi diventano sfuocati ed imprecisi. La schiuma rappresenta al contempo l'allegria infantile e l'estasi giovanile, i corpi si toccano in un modo tale che l'osservatore ha bisogno di tempo per distinguere gli arti e le parti del corpo in primo piano delle singole persone - una confusione in cui l'individuo sembra perdersi. Anche quando le fotografie mostrano il lato teatrale delle attitudini giovanili, la fragilità, la timidezza e la vulnerabilità degli adolescenti vengono alla luce. Tanto più questi momenti di sensibilità e malinconia sbiadiscono, tanto più le immagini diventano uno specchio dei ricordi giovanili ed un riflesso della nostra società.Allo stesso tempo "The Parting" contraddice l'immagine di una gioventù priva di emozioni ed affine alla violenza: qui la gioventù sembra molto più vicina alla realtà e fatta in modo tale che anche i malinconici ci apparterrebbero volentieri. Le immagini mostrano quindi soprattutto una gioventù tra mito e realtà o, in altre parole, come una gioventù tenta di adattarsi alle rappresentazioni sociali della gioventù stessa. Perché proprio nell'"Essere giovani" si manifestano non solo un gruppo sociale, ma anche i suoi desideri, i suoi sogni, come superficie di proiezione collettiva. Dalle fotografie emerge chiaramente come gli adolescenti che entrano nel periodo della pubertà costituiscano un soggetto particolarmente difficile dinanzi all'obiettivo, perché l'autenticità di un individuo, la cui impostazione sociale e caratteriale è in totale sconvolgimento, deve assolutamente emergere. Le presunte immagini "vere" documentano l'incapacità di rivelarsi autenticamente dinanzi alla macchina fotografica e di accettare cliché di ruolo. Allo stesso tempo la fotografia costruisce e produce una precisa immagine della "gioventù", un'immagine inconsistente come la domanda "Che cos'è l''essere giovani' e come viene trasmesso questo concetto dal punto di vista medianico?". Le tonalità intermedie, ricche di sfumature, delle fotografie di Tobias Kruse mettono in luce entrambe le cose: un punto di vista giornalistico ed immagini messe in scena attraverso una sorta di meta-autenticità a diversi livelli - riflesso medianico e sociale.



curator C/O Berlin
Foto: Tobias Kruse

domenica 21 settembre 2008

MENOTRENTUNO_II




ANCORA UNA


Su Palatu, lo spazio culturale per la fotografia, rinnova l’appuntamento internazionale invitando in Sardegna quindici giovani fotografi provenienti da diverse nazioni dell’Europa. La rassegna Menotrentuno, riprende così il cammino cominciato due anni fa.
L’incontro fotografico esordì all’inizio dell’autunno del 2006 proponendo al pubblico italiano i lavori di giovani autori (menotrentuno, com’è facile intuire, dichiara il limite dell’età di partecipazione) che si misurarono sul tema “la rivoluzione del turismo”. E l’isola, protagonista dentro questa rivoluzione epocale che ha coinvolto negli ultimi decenni il mondo occidentale, ha accolto con grande entusiasmo e partecipazione i vari appuntamenti espositivi.
Collaborava e accompagnava nell’esordio la manifestazione lo staff di FotoGrafia, il Festival internazionale di fotografia che si tiene tutti gli anni a Roma.
Quest’anno Su Palatu cammina da solo e punta l’attenzione su un nuovo argomento.
Il tema scelto affronta l’universo giovanile nella sua globalità e località: “Il delirio giovanile”, uno slogan che sembra la frase di una sentenza inappellabile diventa la traccia di uno sguardo contemporaneo declinato da diverse latitudini e da differenti culture.
Che lo slogan si presti all’equivoco un po’ è vero. Ma solo per accontentare quella scuola di pensiero che sostiene che per farsi notare bisogna mandare messaggi forti e d’impatto. A ben vedere sui temi che guidano gli eventi culturali, come quelli della musica e quelli dello spettacolo, gli esercizi di stile fioriscono in modo esponenziale e non c’è che l’imbarazzo della scelta. Oggi sempre più velocemente il centro si confonde con la periferia, il locale sconfina nel globale, i giovani chi da precario nel lavoro chi da protagonista nella società si contendono il futuro del pianeta. Sarà interessante vedere cosa di tutte queste realtà ci restituiscono le fotografie.
L’auspicio è che la rassegna possa diventare l’occasione per far circolare immagini e idee nonché dare l’opportunità a quanti amano la fotografia di incontrarsi, di scambiare opinioni, progetti e lavori.
I fotografi scelti per questo appuntamento sono: Dana Popa (Romania), Tobias Kruse (Germania), Ziyah Gafic (Bosnia), Elin Berge (Svezia), Agnes Dherbeys e Alexa Brunet (Francia), Yann Gross (Svizzera), Burcu Göknar (Turchia), Eivind H. Natvig (Norvegia), gli italiani Stefania Mattu (Sardegna), Serena Reverberi (Lombardia), Luca Spano (Sardegna), Fabrizio Nacciareti (Lazio), Emanuele Cremaschi (Lombardia), Francesco Millefiori (Sicilia) che hanno lavorato sul territorio della Sardegna.
Tra le persone che hanno segnalato e o scritto sui giovani fotografi è doveroso ringraziare: Tiziana Faraoni (photoeditor dell’Espresso), Gino Puddu (fotografo), Felix Hoffman (responsabile Galleria C/O di Berlino), Viviana Gravano (critico d’arte), Dario Coletti (fotografo); Sonia Borsato (critico d’arte), Mariolina Cosseddu (critico d’arte), Giovanni Chiaramonte (fotografo), Sandro Iovine (giornalista, critico fotografico), Massimo Mastrorillo (fotografo), Bachisio Bandinu (antropologo), Diego Mormorio (storico della fotografia).
Si ringraziano le amministrazioni comunali e i loro sindaci che hanno ospitato le mostre dei singoli autori: Tonino Orani di Ittiri, Angelo Sanna di Mara, Antonello Masala di Monteleone Rocca Doria, Pietro Cuccu di Palau, Tonino Pischedda di Pozzomaggiore, Giannetto Serafino Piga di Romana, Giovanni Biddau di Uri, Sebastiano Monti di Villanova Monteleone e Walter Marongiu di Villasor.
Un grazie di cuore a Ignazio Demuro, presidende della Fondazione G. Demuro, alle persone, alle istituzioni pubbliche e alle associazioni private che hanno reso possibile l’organizzazione della rassegna.


Salvatore Ligios

curatore Menotrentuno_II

* dall’Introduzione del Catalogo generale, edizione 2008, Soter editrice

foto: Emanuele Cremaschi, Villasor, 2008 

sabato 20 settembre 2008

MENOTRENTUNO_II


MENOTRENTUNO_II Il delirio giovanile
27 settembre - 9 novembre 2008


Menotrentuno è una rassegna di fotografia che si tiene in Sardegna a cadenza biennale.
È rivolta a giovani fotografi europei che non hanno ancora compiuto trentuno anni, come suggerisce il titolo.
Ogni edizione è caratterizzata da un tema con cui i fotografi sono chiamati a confrontarsi; il tema dell’edizione 2008 è “Il delirio giovanile. Ecstasy of Youth”.
Come nella prima edizione, svoltasi nel 2006, le mostre, previste in varie sedi dell’isola, sono produzioni originali, presentate al pubblico italiano per la prima volta.
I fotografi partecipanti sono stati segnalati e/o selezionati da curatori presenti nei circuiti culturali internazionali.
Tra i 15 fotografi presenti, i 6 giovani italiani (di cui due sardi) hanno svolto la loro ricerca in diverse zone della Sardegna.
Le 11 città che, dal nord al sud dell’isola, ospiteranno le esposizioni sono: Alghero (tre mostre); Cagliari; Ittiri; Mara; Monteleone Rocca Doria; Palau; Pozzomaggiore; Romana; Uri; Villanova Monteleone (tre mostre); Villasor.
Il calendario delle esposizioni fotografiche è accompagnato da numerosi eventi collaterali.
Il progetto è coordinato da “Su Palatu”, museo della fotografia che ha sede a Villanova Monteleone (SS). Curatore della rassegna è Salvatore Ligios, direttore di Su Palatu.


I fotografi coinvolti nella rassegna sono: Dana Popa (Romania) in
Non mi chiamo Natasha compie un’indagine sul mercato del sesso (Colore); Tobias Kruse (Germania) in La campana delle otto realizza un diario visivo di un anno scolastico in un liceo berlinese (Colore); Ziyah Gafic (Bosnia) presenta immagini di guerra in Nei campi di Marte (Colore); Elin Berge (Svezia) confronta le Le ragazze suicidio con Le ragazze velate (Colore); Fabrizio Nacciareti (Italia) ritrae i giovani pescatori di Alghero (Colore); Agnes Dherbeys (Francia) presenta un lavoro sull’AIDS in Thailandia (BN); Luca Spano (Italia) incontra le comunità cinesi nell’area metropolitana di Cagliari in Oltre il fiume (BN); Alexa Brunet (Francia) in Abitanti atipici presenta le case alternative di giovani coppie francesi (Colore); Yann Gross (Svizzera) indaga il mondo del wrestling ne Il sogno della lotta (Colore); Stefania Mattu (Italia) ritrae i giovani della città di Nuoro (Colore); Serena Reverberi (Italia) denuncia la precarietà dei lavoratori stagionali nelle zone turistiche del Nord Sardegna (Colore); Burcu Göknar (Turchia) segue la vita di due sorelle in Alla danza del ventre (BN); Eivind H. Natvig (Norvegia) propone un lavoro sui raduni degli appassionati di videogiochi (Colore); Emanuele Cremaschi (Italia) ritrae i giovani contadini del sud della Sardegna (Colore); Francesco Millefiori (Italia) realizza un reportage sui giovani pastori delle zone interne della Sardegna (Colore).

venerdì 8 agosto 2008

Paese d'ombre 5




La Sardegna a Berlino


Salvatore Ligios



(...) C’è un confine sottile tra ciò che si è e ciò che si sa di dover essere, tra il sociale e l’istinto, tra il desiderio e il dovere. Ma è un limite rimosso, nascosto. Di questa frontiera pare voler rendere conto Ligios concedendosi di solleticare ipotesi, bussare a porte blindate, forzare barriere emotive. Ma decide di intraprendere un lungo percorso, compie un giro contorto, labirintico. Si prende tempo, un lusso per pochi. Scivola nel teatro e per disseppellire la verità si serve di biseras, máscaras. Non quelle della tradizione ma maschere nuove, inedite, liberatorie, tesoriere di racconti e possibilità.
Nascondere le forme anatomiche concede il dono della sincerità, permette una sconcertante estraneità che rivela, a chi della maschera porta il peso ancor prima che agli altri, da quali e quante inedite ma inevitabili personalità sia abitato l’essere umano.
Uomini, donne, anziani, bambini: la completa gamma dell’umanità sfila davanti all’obiettivo di Ligios e declina la sua alternativa, il suo doppio, il suo oscuro. Ma non è un’oscurità violenta quella che si desta, non attinge alla furia che ci si potrebbe immaginare evocata da una maschera. È un’ombra abitata da passione, poesia, attesa, sensualità, arrendevolezza, morbidezza, appartenenza; sentimenti che nella loro autenticità sembrano essere il vero punto debole, il lato da non mostrare, quello da negare perché potrebbe rendere vulnerabili.
Attraverso miti antichi e moderni Ligios racconta la natura che chiama, che si rivela, che emerge e ruggisce, che trova pace, che riposa e che ancora si ridesta. Il sogno scivola nel reale e il reale trova forma nel sogno. (...)
Sonia Borsato
Foto: Salvatore Ligios, Xantisceddu, 2007

martedì 5 agosto 2008

Paese d'ombre 4


La Sardegna a Berlino



Luca Gabino



(...) L’identità è una intenzionalità indirizzata verso il mondo, una volontà di plasmare che permette all’uomo di rivelarsi, agli altri e a se stesso.
(...) Ciò che siamo, lo siamo a partire dai sensi, da ciò che registrano e ci insegnano a desiderare: che persona si può diventare crescendo ad ascoltare il vento, a respirare profumo di mirto, a percorrere con lo sguardo orizzonti infiniti? Che pensieri proteggono corpi che cuociono al sole, pelli levigate dal mare, ossa che si misurano con rocce di granito?Le foto di Luca Gabino declinano queste domande in dittici esatti e occhi e volti e mani riecheggiano nei campi, nelle radure, nei rami intrecciati. Un corpo racconta la sua terra e la terra è specchio di uomini e donne che vestono con leggerezza le pesanti vesti di una tradizione che tramanda pose pesanti come maschere, che insegna a contenere le gioie e non mostrare il dolore (...).




Foto: Luca Gabino

lunedì 4 agosto 2008

Paese d'ombre 3



La Sardegna a Berlino


Massimo Mastrorillo



È un viaggio che non ha meta, viaggio che è il suo stesso scopo, incessante ricerca di conoscenza, volontà interiore che ci depone mollemente nell’oscurità delle immagini di Massimo Mastrorillo.
All’evidenza della luce segue lo sfumato del buio e tutto diventa opinabile nel racconto di una terra che raccoglie e conserva memorie che l’uomo non può preservare dall’oblio del tempo. Queste energie, sospese tra rocce millenarie e querce secolari, propone Mastrorillo attraverso foto ritmate che narrano una terra dai suoni bassi, rotondi. Sono suoni di ventre, dal retrogusto amaro e denso come miele di corbezzolo. Nelle sue immagini l’alternarsi di paesaggio e ritratto si fa danza, salto, brincu: aperto, paesaggio, volto, chiuso, chiaro, radura, scuro, maschera; si procede come in un peu cosso antichissimo che, nella sua ciclicità, rivela il mistero della vita. Le foto di Mastrorillo raccontano un codice di corteggiamento invisibile (...).
Sonia Borsato
Da Paese d'ombre, testo del catalogo La Sardegna, vista da dentro, vista da fuori
Foto: Massimo Mastrorillo

domenica 3 agosto 2008

Paese d'ombre 2



La Sardegna a Berlino


Mario Arca


....Sono racconti di luce quelli di Mario Arca, poemi di evidenza dove tutto è chiaro e non esiste l’ombra dell’ambiguità o del dubbio.
Con oggettivo chiarore e forme pulite racconta l’isola ma ancor più chi la abita e la doma.
Anche se la figura umana non appare mai, il suo passaggio è evidente, visibile il segno che declina la sua identità: un uomo costruttore che conosce, rispetta e teme il mondo naturale, ma vi si inserisce, pretendendo spazio, esigendo dominio. Le foto di Arca incoraggiano verso un viaggio silenzioso alla ricerca di impronte. Si arriva dal mare – obbligatoriamente – e dalle coste si inizia a riconoscere: uomo che tenta di ordinare dune pettinate dal vento, uomo che costruisce anche sulla sabbia per saziare bisogno di ordine e geometria, uomo che percorre sentieri solitari e giunge in stradine deserte di paesi scottati dal sole, dove la luce abbaglia e riempie occhi e mente. La sua macchina fotografica conduce in piazze che ancora risuonano di parole e pianti, introduce in cortili che riecheggiano dei giochi di bambini o parole di donne al lavoro....
Sonia Borsato
Foto: Mario Arca

sabato 2 agosto 2008


Paese d’ombre





Sono isole fortunate,
sono terre che non hanno luogo,
dove il Re vive aspettando.
Ma, se vi andiamo destando,
tace la voce, e solo c'è il mare.
Fernando Pessoa




Ci sono luoghi favoriti dalla sorte dove la natura ancora parla con gli uomini.
Anzi, si esprime negli uomini, segnandone corpo e carattere.
Sono posti lontani da ogni luogo, terre improbabili come solo un’isola sa essere, impronta di terra in mezzo al blu del mare, circondata da barriere invisibili, protetta da un ritmo scandito in modo differente da quello che ci si potrebbe aspettare. E quando, per destino o per scelta, in quest’isola si approda, si deve imparare un nuovo codice comportamentale, reinventare cadenze, soffermarsi sul significato delle parole e dei gesti.
Si deve imparare a guardare e ad ascoltare, di nuovo.
(…) Delle volte, per vedere davvero è necessario concedersi una nuova arrendevolezza e accettare che altri guardino per noi e che raccontino, con i loro occhi, forme e figure che, da soli, non si riesce a cogliere. In un paese d’ombre occorre affidarsi alla fotografia che, discreta intrusa, può rendere conto di un topografia segreta e sbugiardare le vie principali prediligendo percorsi sconosciuti. E molto, molto lontano da strade note si sono infatti incamminati i quattro fotografi presentati in questa mostra, ridefinendo le forme di una terra misteriosa in un percorso che ha il sapore agrodolce di un viaggio di iniziazione….
Sonia Borsato


Foto: Massimo Mastrorillo

venerdì 1 agosto 2008

La Sardegna a Berlino


Museo delle Culture Europee di Berlino (Museum Europäischer Kulturen)

Sardische Kulturtage


Fotografie di
Mario Arca - Luca Gabino - Salvatore Ligios - Massimo Mastrorillo


Sculture di Federico Soro

Dal 1 di agosto al 31 di agosto 2008




Giovedì 31 luglio 2008 presso il Museo delle Culture Europee di Berlino si inaugura La Sardegna: percezione interna e osservazione esterna, mostra fotografica di Mario Arca, Luca Gabino, Salvatore Ligios e Massimo Mastrorillo.
I fotografi raccontano una Sardegna misteriosa ma contemporaneamente moderna attraverso quattro lavori autonomi che confluiscono però in un percorso coerente: Mario Arca racconta i segni del passaggio dell’uomo senza mai ritrarre figura umana muovendosi dal mare alla citta; Massimo Mastrorillo ritrae momenti della tradizione indagandone i simboli in immagini dal potente bianco e nero; Luca Gabino riflette il legame che intercorre tra volto e paesaggio tentando, nello stesso tempo, il ritratto di un isola e dei suoi abitanti; Salvatore Ligios, infine, propone un campionario di maschere solo apparentemente ispirate alla tradizione sarda: nuovi volti per nuove identità, forme inedite per inediti interrogativi.
Per rendere della Sardegna un’immagine completa, saranno esposte anche alcune foto storiche tratte dai reportage realizzati nel secolo scorso da Bernd Lohse e Herlinde Koelbl.
Negli spazi espositivi vengono presentate due sculture realizzate dall’artista sassarese Federico Soro.

Catalogo a cura della Soter editrice

L’esposizione, con i suoi eventi collaterali, è al centro delle Giornate Culturali Sarde e rientrano nella programmazione dedicata annualmente alle culture europee che il Museo berlinese organizza dal 2000.
Con uno sguardo rivolto contemporaneamente al passato e al futuro, la rassegna cercherà di presentare tutti gli aspetti della cultura sarda, dalla letteratura alla musica, dal cinema alle specialità enogastronomiche. Un viaggio completo e affascinante attraverso i suoni, i sapori, le parole, le danze e i profumi di quest'isola in mezzo al Mediterraneo.
Il 29 agosto il Museo delle Culture Europee ospiterà una rappresentanza di Villanova Monteleone, paese con cui il Museo ha lavorato in stretta sinergia per la realizzazione dell'evento. In questa occasione il sindaco Sebastiano Monti presenterà il Progetto pilota per il Riuso Turistico del Centro Storico di Villanova Monteleone.


Foto: Salvatore Ligios, Cuenteras, 2007

sabato 12 luglio 2008

ROGER BALLEN - Passaggi d'ombra


ROGER BALLEN
Passaggi d'ombra

Protagonista principale della maggior parte degli scatti di Ballen, distante dalla rappresentazione del culto della bellezza e immune al comune senso del ridicolo, il corpo umano sperimenta molte possibilità plastiche: figura razionalmente posizionata in uno spazio irrazionale che non la conforta né la accoglie, passa dalla insistita frontalità della posa da ritratto, a forme grottesche, innaturali. Nel corso della narrazione il corpo si smonta, si fraziona, si mostra camuffato, privato quasi della sua identità; maschere, giochi di ruolo, coperture, sipari: la finzione teatrale dà visibilità alla figura in quanto presenza umana complessa. Ballen non fotografa fatti o persone; riprende energie, legami misteriosi, tensioni insolute, rapporti che non hanno nome in cui la scompostezza è solo il momento più eclatante, la fase più evidente e superficiale. I protagonisti diventano così non carne e ossa ma vettori che raccontano le forze all'interno delle foto: le schiene come linee curve perfette, archi significanti a cui fanno eco ferri appesi al muro; braccia e gambe come diagonali che segano l'immagine; sguardi che riecheggiano verso di noi creando triangolazioni inquietanti e destabilizzanti. (...)
Nelle sue immagini c'è rigore delle forme ma non armonia. E tutto si colora di sgradevole. L'ombra del ripugnante è sempre in agguato attraverso un corpo reso nel suo essere imbarazzante, assolutamente non estetizzato che rivela introspezioni non richiudibili nella sola camera-scatole ma estendibili ben oltre le pareti. 

Sonia Borsato

venerdì 11 luglio 2008

ROGER BALLEN


ROGER BALLEN è nato a New York nel 1950. Figlio di una nota foto-editor dell'agenzia "Magnum Photos", cresce a contatto con i più grandi nomi del panorama  fotografico mondiale. Inizia a considerare seriamente la fotografia seriamente la fotografia come mezzo espressivo a 18 anni, documentando le proteste contro la guerra in Vietnam alla fine degli anni Sessanta.
Nello stesso anno lascia New York e si trasferisce a Berkeley per frequentare l'Università della California dove, nel 1972, si laurea in psicologia.
Non soddisfatto dello stile di vita americano, che lui percepisce come consumistico e assolutamente non introspettivo, dopo la laurea decide di intraprendere un viaggio alla ricerca di uno stile di vita affine alla sua sensibilità, viaggio che lo porta nel paese destinato a diventare la sua vera casa: il Sud Africa.
Inizialmente le motivazioni sono puramente lavorative: intraprendere l'attività di geologo che lo porta a spostarsi visitando zone rurali remote e dimenticate. Contemporaneamente, avendo un'attività indipendente, trova il tempo per dedicarsi alla fotografia. Nel 1981 completa il suo dottorato di ricerca in geologia e si trasferisce definitivamente in Sud Africa. 
Negli anni '80 Ballen inizia a documentare i villaggi rurali del Sud Africa e la loro popolazione. Nel 1994 pubblica una selezione di quelle fotografie in Platteland: Images pf rural South Africa. Alla fine degli anni '90 il suo lavoro si sposta da una fotografia documentaristica verso una sorta di fiction. Questa fase culmina nel 2001 nella pubblicazione di Outland, libro di successo che ha vinto numerosi premi, incluso il Best Photographic Book of the Year al festival PhotoEspana di Madrid. Le foto di Outland sono state esposte in tutto il mondo: da Gagosian Gallery di New York al Victoria & Albert Museum di Londra. Dal 2003 il suo lavoro si sposta verso immagini maggiormente astratte che uniscono elementi di pittura, teatro e scultura, come nelle immagini presentate in Shadow Chamber, pubblicato nel 2005 dalla Phaidon Press.

Ballen espone regolarmente i suoi lavori in varie gallerie in tutto il mondo, compresa la collezione del Museum of Modern Art di New York; il Centre George Pompidu di Parigi; il Victoria & Albert Museum di Londra e lo Stedelijk Museum di Amsterdam.
In Italia ha esposto, fra gli altri, alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna, Alla Galleria Sozzani di Milano, all'Istituto Nazionale per la Grafica di Roma e ora a Su Palatu di Villanova Moteleone.
Nel 2009 la Phaidon Press pubblicherà un suo nuovo libro.