lunedì 29 settembre 2008

ZIYAH GAFIC




ZIYAH GAFIC






Ziyah Gafic è nato a Sarajevo, Bosnia-Erzegovina. Laureato in letteratura mondiale all’Università di Sarajevo. Nel 2008 vince una Borsa di studio per un progetto sui Muslims di New York. Nel 2007 è finalista per il “Hasselblad Masters award”e vince il premio annuale “Photo District News” per il lavoro in Afghanistan. Ziyah collabora regolarmente con le maggiori testate internazionali come: Liberation, Le Monde 2, La Repubblica, Photo, Amica, Telegraph Magazine, Tank, L’Espresso, Newsweek, The Times Magazine, TIME, Conde Nast Traveler.Il suo lavoro è stato esposto nei maggiori festival di fotografia: Perpignan, Arles, Londra Tom Blau Gallery, Milano, Vienna, New York, Amsterdam, Ginevra, Zagabria. I suoi lavori fotografici sulla guerra in Bosnia sono stati pubblicati nel libro “Tales from globalizing world”, Thames & Hudson. Sue fotografie sono incluse nell’antologia sulla fotografia contemporanea “Photography as contemporary art” and “The Way People Live” di Gabriel Bauret, Thames & Hudson.



CONTATTI Ziyah Gafic mailto:zijogafic@ad.com




Foto: Ziyah Gafic

domenica 28 settembre 2008

ZIYAH GAFIC


ZIYAH GAFIC_nei campi di marte


27 settembre - 9 novembre 2008

Ma quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'edificio immenso del ricordo


Marcel Proust



Ziyah Gafic ha vissuto una forma di delirio particolare e violenta: giovanissimo ha dovuto confrontarsi con l'esperienza della guerra. A conflitto finito, però, ha deciso di non dimenticare e ha cercato un mezzo per opporsi al lento lavorio della memoria. Al macerarsi nella passiva resa al corso degli eventi, ha preferito l'azione della testimonianza; invece del fuoco delle armi ha scelto la messa a fuoco della macchina fotografica. Per cercare di vedere nitidamente attraverso la storia, inizia a fotografare gli esiti del conflitto che ha coinvolto la Bosnia: le sue immagini raccontano il ritorno dei profughi, l'identificazione delle vittime da parte delle famiglie, la disperazione per chi si è perso, la solitudine e il senso di colpa di chi è sopravvissuto. La guerra però non è un male localizzato ma un cancro che migra e Ziyah decide di migrare con lui interessandosi a tutti quei paesi che si trovano coinvolti in scontri simili a quello che ha sbriciolato il suo: visita la Palestina, l'Afghanistan e la Cecenia. In posti come questi l'esistenza sembra arrestarsi o, per lo meno, avanzare con incredibile lentezza, trascinando dietro se macerie e fardelli di odio. La speranza si scontra con la negazione. Ma il dolore non può rimanere inerme ed afflosciarsi al suolo, sterile ed inutile. Il dolore può e deve lievitare ed esplodere nelle coscienze; può e deve avere un significato. "Soffre chi può", recita un adagio popolare. Sono parole che ben si prestano all'occasione. E potremmo anche lievemente modificarle: non solo soffre ma anche "guarda" chi può, guarda chi lo sa fare, chi resiste al vero di ciò che vede. Quando la realtà ci sfugge, ci vuole qualcuno che guardi per noi. E ci vuole qualcosa attraverso cui guardare, qualcosa che congeli il dolore che ancora brucia troppo. Ci vuole un aiuto. Questo aiuto può arrivare dalla fotografia. Laddove tutti gli altri preferirebbero chiudere gli occhi e dimenticare, la fotografia è rivelazione. Fotografare è guardare la vita tentando di scorgere un significato, un insegnamento, un monito lontano dalla retorica. Perché troppi eventi continuano a ripetersi, ancora e ancora, affermando che la storia non riesce a divulgare il suo insegnamento. Fotografare è un esercizio di memoria, una corsa contro il tempo e l'oblio. Far scattare il click dell'otturatore significa mettersi al servizio della storia perché i fatti non vengano infossati, manipolati, edulcorati. La consapevolezza di questo ruolo, forte nonostante la giovane età, guida le precise scelte stilistiche di Ziyah, e il formato quadrato delle foto o la scelta del colore diventano emblemi di contemporaneità. Le sue immagini non devono dare l'illusione del passato, non devono anestetizzare le ferite dell'odio, non dare il sollievo dello "scampato pericolo". Il giovane fotoreporter sceglie deliberatamente tagli moderni e dinamici uniti a tonalità calde e brillanti per esaltare la forza del presente, della verità, della vita e costringere ad una presa di coscienza che non deve appartenere a poche sfortunate regioni ma deve essere dell'umanità, tutta.


Sonia Borsato


responsabile Sa Domo Manna


dal Catalogo Menotrentuno_II, edizione 2008, Soter editrice

Foto: Ziyah Gafic

sabato 27 settembre 2008

TOBIAS KRUSE


TOBIAS KRUSE


Tobias Kruse è nato nel 1979 a Warem. Attualmente vive a Berlino. Ha studiato Design e Fotografia a Berlino. Dal 2008 è tutor di Arno Fisher presso la Ostkreuzschule per la fotografia a Berlino. Lavora come fotografo freelance e Art Director. Kruse ha partecipato a diverse mostre, in particolare nel 2006 "Über den Fluss" presso la Künstlerhaus Bethanien a Berlino, e nel 2008 presso il Fotofestival di Hannover. Nel 2008 è stato Lead Award e ha vinto un Epson Art Photo Award. Ha vinto il New York Photo Award nella categoria "Student Editorial Series".


CONTATTI
Tobias Kruse t.kruse@ostkreuz.de

Foto: Tobias Kruse

venerdì 26 settembre 2008

TOBIAS KRUSE


La campana delle otto
mostra di TOBIAS KRUSE

27 settembre - 2 novembre


Il periodo dell'esame di maturità rappresenta da un lato un distacco, una spaccatura, e dall'altro il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta. Nella vita, mai più l'insicurezza ed il piacere di affrontare cose nuove saranno così contigui, i sogni ed i desideri vengono messi a confronto con i rapporti sociali e le utopie della realizzazione. La scuola, il primo ambiente in cui prende forma una vita sociale, perde il suo potere e non concede più la sua protezione. Nelle classi le persone si conoscono per anni, ma con il superamento dell'esame di maturità questa unione minaccia di dissolversi. Come trascorrere questo periodo? Come superarlo? Tra il 2006 e il 2007 Tobias Kruse ha accompagnato alla maturità le classi degli ultimi anni del ginnasio Carl von Ossietzky di Berlino Pankow. Teneva le proprie lezioni, andava a casa degli studenti, ha partecipato alla gita di fine anno ed alle feste - finché tutto è svanito. La separazione getta le sue ombre ancora prima di avvenire definitivamente: ritratti di singoli individui e di gruppi, amanti del divertimento serale ma affetti da una malinconia interna - silenziosi e chiusi in loro stessi guardano verso l'obiettivo, concentrano ed allo stesso tempo rivelano l'intensità dell'opera di Kruse. E se la scuola finisce, se si sperimenta una nuova vita, la tristezza si nasconde a fatica dietro al divertimento sfrenato: nella confusione dello schiuma party gli sguardi diventano sfuocati ed imprecisi. La schiuma rappresenta al contempo l'allegria infantile e l'estasi giovanile, i corpi si toccano in un modo tale che l'osservatore ha bisogno di tempo per distinguere gli arti e le parti del corpo in primo piano delle singole persone - una confusione in cui l'individuo sembra perdersi. Anche quando le fotografie mostrano il lato teatrale delle attitudini giovanili, la fragilità, la timidezza e la vulnerabilità degli adolescenti vengono alla luce. Tanto più questi momenti di sensibilità e malinconia sbiadiscono, tanto più le immagini diventano uno specchio dei ricordi giovanili ed un riflesso della nostra società.Allo stesso tempo "The Parting" contraddice l'immagine di una gioventù priva di emozioni ed affine alla violenza: qui la gioventù sembra molto più vicina alla realtà e fatta in modo tale che anche i malinconici ci apparterrebbero volentieri. Le immagini mostrano quindi soprattutto una gioventù tra mito e realtà o, in altre parole, come una gioventù tenta di adattarsi alle rappresentazioni sociali della gioventù stessa. Perché proprio nell'"Essere giovani" si manifestano non solo un gruppo sociale, ma anche i suoi desideri, i suoi sogni, come superficie di proiezione collettiva. Dalle fotografie emerge chiaramente come gli adolescenti che entrano nel periodo della pubertà costituiscano un soggetto particolarmente difficile dinanzi all'obiettivo, perché l'autenticità di un individuo, la cui impostazione sociale e caratteriale è in totale sconvolgimento, deve assolutamente emergere. Le presunte immagini "vere" documentano l'incapacità di rivelarsi autenticamente dinanzi alla macchina fotografica e di accettare cliché di ruolo. Allo stesso tempo la fotografia costruisce e produce una precisa immagine della "gioventù", un'immagine inconsistente come la domanda "Che cos'è l''essere giovani' e come viene trasmesso questo concetto dal punto di vista medianico?". Le tonalità intermedie, ricche di sfumature, delle fotografie di Tobias Kruse mettono in luce entrambe le cose: un punto di vista giornalistico ed immagini messe in scena attraverso una sorta di meta-autenticità a diversi livelli - riflesso medianico e sociale.



curator C/O Berlin
Foto: Tobias Kruse

domenica 21 settembre 2008

MENOTRENTUNO_II




ANCORA UNA


Su Palatu, lo spazio culturale per la fotografia, rinnova l’appuntamento internazionale invitando in Sardegna quindici giovani fotografi provenienti da diverse nazioni dell’Europa. La rassegna Menotrentuno, riprende così il cammino cominciato due anni fa.
L’incontro fotografico esordì all’inizio dell’autunno del 2006 proponendo al pubblico italiano i lavori di giovani autori (menotrentuno, com’è facile intuire, dichiara il limite dell’età di partecipazione) che si misurarono sul tema “la rivoluzione del turismo”. E l’isola, protagonista dentro questa rivoluzione epocale che ha coinvolto negli ultimi decenni il mondo occidentale, ha accolto con grande entusiasmo e partecipazione i vari appuntamenti espositivi.
Collaborava e accompagnava nell’esordio la manifestazione lo staff di FotoGrafia, il Festival internazionale di fotografia che si tiene tutti gli anni a Roma.
Quest’anno Su Palatu cammina da solo e punta l’attenzione su un nuovo argomento.
Il tema scelto affronta l’universo giovanile nella sua globalità e località: “Il delirio giovanile”, uno slogan che sembra la frase di una sentenza inappellabile diventa la traccia di uno sguardo contemporaneo declinato da diverse latitudini e da differenti culture.
Che lo slogan si presti all’equivoco un po’ è vero. Ma solo per accontentare quella scuola di pensiero che sostiene che per farsi notare bisogna mandare messaggi forti e d’impatto. A ben vedere sui temi che guidano gli eventi culturali, come quelli della musica e quelli dello spettacolo, gli esercizi di stile fioriscono in modo esponenziale e non c’è che l’imbarazzo della scelta. Oggi sempre più velocemente il centro si confonde con la periferia, il locale sconfina nel globale, i giovani chi da precario nel lavoro chi da protagonista nella società si contendono il futuro del pianeta. Sarà interessante vedere cosa di tutte queste realtà ci restituiscono le fotografie.
L’auspicio è che la rassegna possa diventare l’occasione per far circolare immagini e idee nonché dare l’opportunità a quanti amano la fotografia di incontrarsi, di scambiare opinioni, progetti e lavori.
I fotografi scelti per questo appuntamento sono: Dana Popa (Romania), Tobias Kruse (Germania), Ziyah Gafic (Bosnia), Elin Berge (Svezia), Agnes Dherbeys e Alexa Brunet (Francia), Yann Gross (Svizzera), Burcu Göknar (Turchia), Eivind H. Natvig (Norvegia), gli italiani Stefania Mattu (Sardegna), Serena Reverberi (Lombardia), Luca Spano (Sardegna), Fabrizio Nacciareti (Lazio), Emanuele Cremaschi (Lombardia), Francesco Millefiori (Sicilia) che hanno lavorato sul territorio della Sardegna.
Tra le persone che hanno segnalato e o scritto sui giovani fotografi è doveroso ringraziare: Tiziana Faraoni (photoeditor dell’Espresso), Gino Puddu (fotografo), Felix Hoffman (responsabile Galleria C/O di Berlino), Viviana Gravano (critico d’arte), Dario Coletti (fotografo); Sonia Borsato (critico d’arte), Mariolina Cosseddu (critico d’arte), Giovanni Chiaramonte (fotografo), Sandro Iovine (giornalista, critico fotografico), Massimo Mastrorillo (fotografo), Bachisio Bandinu (antropologo), Diego Mormorio (storico della fotografia).
Si ringraziano le amministrazioni comunali e i loro sindaci che hanno ospitato le mostre dei singoli autori: Tonino Orani di Ittiri, Angelo Sanna di Mara, Antonello Masala di Monteleone Rocca Doria, Pietro Cuccu di Palau, Tonino Pischedda di Pozzomaggiore, Giannetto Serafino Piga di Romana, Giovanni Biddau di Uri, Sebastiano Monti di Villanova Monteleone e Walter Marongiu di Villasor.
Un grazie di cuore a Ignazio Demuro, presidende della Fondazione G. Demuro, alle persone, alle istituzioni pubbliche e alle associazioni private che hanno reso possibile l’organizzazione della rassegna.


Salvatore Ligios

curatore Menotrentuno_II

* dall’Introduzione del Catalogo generale, edizione 2008, Soter editrice

foto: Emanuele Cremaschi, Villasor, 2008 

sabato 20 settembre 2008

MENOTRENTUNO_II


MENOTRENTUNO_II Il delirio giovanile
27 settembre - 9 novembre 2008


Menotrentuno è una rassegna di fotografia che si tiene in Sardegna a cadenza biennale.
È rivolta a giovani fotografi europei che non hanno ancora compiuto trentuno anni, come suggerisce il titolo.
Ogni edizione è caratterizzata da un tema con cui i fotografi sono chiamati a confrontarsi; il tema dell’edizione 2008 è “Il delirio giovanile. Ecstasy of Youth”.
Come nella prima edizione, svoltasi nel 2006, le mostre, previste in varie sedi dell’isola, sono produzioni originali, presentate al pubblico italiano per la prima volta.
I fotografi partecipanti sono stati segnalati e/o selezionati da curatori presenti nei circuiti culturali internazionali.
Tra i 15 fotografi presenti, i 6 giovani italiani (di cui due sardi) hanno svolto la loro ricerca in diverse zone della Sardegna.
Le 11 città che, dal nord al sud dell’isola, ospiteranno le esposizioni sono: Alghero (tre mostre); Cagliari; Ittiri; Mara; Monteleone Rocca Doria; Palau; Pozzomaggiore; Romana; Uri; Villanova Monteleone (tre mostre); Villasor.
Il calendario delle esposizioni fotografiche è accompagnato da numerosi eventi collaterali.
Il progetto è coordinato da “Su Palatu”, museo della fotografia che ha sede a Villanova Monteleone (SS). Curatore della rassegna è Salvatore Ligios, direttore di Su Palatu.


I fotografi coinvolti nella rassegna sono: Dana Popa (Romania) in
Non mi chiamo Natasha compie un’indagine sul mercato del sesso (Colore); Tobias Kruse (Germania) in La campana delle otto realizza un diario visivo di un anno scolastico in un liceo berlinese (Colore); Ziyah Gafic (Bosnia) presenta immagini di guerra in Nei campi di Marte (Colore); Elin Berge (Svezia) confronta le Le ragazze suicidio con Le ragazze velate (Colore); Fabrizio Nacciareti (Italia) ritrae i giovani pescatori di Alghero (Colore); Agnes Dherbeys (Francia) presenta un lavoro sull’AIDS in Thailandia (BN); Luca Spano (Italia) incontra le comunità cinesi nell’area metropolitana di Cagliari in Oltre il fiume (BN); Alexa Brunet (Francia) in Abitanti atipici presenta le case alternative di giovani coppie francesi (Colore); Yann Gross (Svizzera) indaga il mondo del wrestling ne Il sogno della lotta (Colore); Stefania Mattu (Italia) ritrae i giovani della città di Nuoro (Colore); Serena Reverberi (Italia) denuncia la precarietà dei lavoratori stagionali nelle zone turistiche del Nord Sardegna (Colore); Burcu Göknar (Turchia) segue la vita di due sorelle in Alla danza del ventre (BN); Eivind H. Natvig (Norvegia) propone un lavoro sui raduni degli appassionati di videogiochi (Colore); Emanuele Cremaschi (Italia) ritrae i giovani contadini del sud della Sardegna (Colore); Francesco Millefiori (Italia) realizza un reportage sui giovani pastori delle zone interne della Sardegna (Colore).