venerdì 29 maggio 2009


Lo sguardo attento

Paesaggi - fotografie di Mario Arca


[…] Le immagini presenti in questa esposizione si collocano al di fuori del terreno di confronto e di scontro tra natura e cultura, luoghi e non-luoghi, caro ai topografi di Linea di Confine, solo per fare un esempio. Sembrerebbe che il dibattito in atto sulla rappresentazione del paesaggio contemporaneo non lo coinvolga in modo particolare. Almeno così appare a un primo sguardo. Salvo a rivendicare la totale distanza tra l’immagine turistica che ancora resiste nello stereotipo del consumatore di luoghi della Sardegna e le immagini quotidiane, semplicemente ed eticamente quotidiane che Arca realizza nell’isola, esclusivamente nella sua isola di appartenenza.
Il nocciolo del lavoro di Arca sta tutto qui. Racchiuso in un orizzonte geografico ben preciso e limitato. Scelto consapevolmente perché è il mondo dove vive e al quale sente di appartenere. Senza alcuna nostalgia per altri luoghi vicini o lontani. Un felice isolano circondato dal mare che dichiara di non amare troppo. […]
Come sa chi fa pratica fotografica, la presenza (o l’assenza) di un elemento all’interno del fotogramma è fondamentale per il risultato finale. Inserirlo o escluderlo manifesta la volontà dell’autore di orientare lo sguardo in una direzione piuttosto che in un’altra. È la più importante prova della personalità del fotografo. Altro elemento evidente è che nelle sue foto manca la figura umana. L’esclusione è chiara fin da subito. Però i luoghi che decide di riprendere si portano dentro le tracce dell’uomo che le ha colonizzate e le abita, le attraversa o ancora le domina. In un rapporto sempre precario e al tempo stesso contemplativo. Con uno sguardo che rimanda «a un ordine interiore che esplode nella fotografia» come ha sintetizzato Giovanni Chiaramonte, in una conversazione a Su Palatu, il museo della fotografia in Sardegna, nel commentare le sue foto presenti in La strada felice4, un lavoro a trenta mani sul paesaggio contemporaneo. […]
Il rifiuto di dare un nome ai luoghi suggerisce una chiave di lettura delle fotografie di Arca. Non si tratta di un vezzo per amplificare l’alone di curiosità sul luogo immortalato dallo scatto di una Pentax 6x4,5. Piuttosto la difesa di un principio basilare nella poetica praticata dal fotografo. L’anonimità del luogo, ignoto solo a chi non frequenta quel territorio, quella vallata, quelle montagne, quel piccolo borgo diverso e uguale a tanti altri sparsi nell’isola, diventa la prima regola della contemplazione. Nell’isola, in modo particolare, l’autore avverte la necessità di stare lontano dall’uso forsennato che il turismo di massa fa dei luoghi della propria esistenza. La Sardegna viene rappresentata e venduta come l’isola delle vacanza, luogo di eterna vacanza. Non se ne può più continua a ripetere Arca. Non di turismo e vacanze ma di uso distorto e scorretto del territorio che ci ospita. L’anonimato equivale a sottrarre interesse superficiale al paesaggio che si vuole ammirare, eliminando il binomio perverso identità uguale merce da vendere. Senza nome apparente quello scorcio riprende la sua vera natura e lo spazio immobile, il silenzio, la luce solare restituiscono la magia dello sguardo sul paesaggio che sta davanti a noi. Cosa intendiamo, precisamente, quando usiamo la parola paesaggio si domanda Diego Mormorio tra le pagine
del suo libro dedicato all’esplorazione della bellezza fotografica. La risposta viene data con le parole di Rosario Assunto, filosofo del paesaggio per antonomasia: “Paesaggio è lo spazio che si costituisce oggetto di esperienza estetica, soggetto di giudizio estetico”7. Il paesaggio della Sardegna, ci suggerisce Mario Arca, è il più bello del mondo. Conserva una storia millenaria
ancora ricca di fascino e suggestione. Partendo dall’acqua delle marine sabbiose, inoltrandosi nei viottoli sassosi dei piccoli centri storici, lungo i sentieri che portano alla grande montagna. Con piccoli esercizi di silenzio, lentezza e anonimato potrà rimanere ancora per molto tempo il paesaggio naturale della contemplazione.


Salvatore Ligios

Nessun commento:

Posta un commento